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venerdì 14 settembre 2012

Suture


Oggi per la prima volta, qui, ho dato tre punti di sutura a una bimba con una ferita in zona sopracciliare. Non avevo un campo sterile, un carrello attrezzato, i ferri ben disinfettati anche se nuovi, un’infermiera prestante ed esperta di Pronto Soccorso come ne ho avuto in passato, ma tutto si è svolto senza particolare apprensione, con il prezioso aiuto di sister Alice. Ricordo che la prima volta che ho suturato una ferita è stato nella valle seriana bergamasca, alla mia prima esperienza come medico condotto, pure a un bambino. Il caso strano, per me, fu che avevo imparato giusto il giorno prima, da un mio cugino medico in Canada, a fare il nodo del filo di sutura con la pinza portaaghi. Un’altra occasione particolare mi capitò in Calabria, circa due anni dopo, quando facevo la Guardia Medica al mio paese. La postazione era temporaneamente ubicata nella stanza del sindaco (sic!), ma mi prestai senza indugi a suturare una ferita palpebrale a un bimbetto di due anni circa, undicesimo figlio di un mio compagno di scuola elementare. Ho dato dei punti anche a mio figlio bambino. Insomma, non ero un medico che inviava facilmente in ospedale… Una volta, sempre alla Guardia Medica, si presentò un signore amareggiato e preoccupato, perché non trovava un medico disposto a praticare un farmaco particolare (endovena) al figlio emofilico. Tutti lo inviavano all’ospedale o dallo specialista. Lo scaricavano, insomma. Sapete cosa ho fatto? L’ho ascoltato, mi sono fatto spiegare il problema, ho letto tutte le istruzioni del farmaco e ho eseguito. Risultato? Ho imparato una cosa che ancora non sapevo. Gli elogi quella sera per me erano superflui. Da allora sono diventato il punto di riferimento degli emofilici della zona. Un altro episodio da ricordare: pochi anni fa un signore ricoverato per un problema cardiaco (aritmia) subito risolto, interrogato da me su altri disturbi, fu sottoposto a un’indagine sull’intestino, che rivelò la presenza di un cancro. Mi affrettai a completare gli esami, gli consiglia di trovarsi un buon chirurgo, feci personalmente le fotocopie (abusive) del caso e, nel consegnargliele mentre usciva, mi fa: scusi, ma lei è italiano? Beh, sono calabrese, non so… Perché? Perché non ho mai trovato un medico gentile come lei. Per sdrammatizzare ho risposto: qui siamo tutti così! Arrivederci, auguri e mi tenga informato. Un’altra volta l’infermiera mi chiamò d’urgenza, perché un paziente ricoverato era agitato e voleva andar via. Mi sono recato al letto e, com’ero solito, l’ho osservato un po’ prima di tentare un approccio. Non trovavo il motivo dell’agitazione. Mi venne un’idea. Gli ho chiesto: c’è qualcosa che vi manca, a cui siete abituato a casa? Ha farfugliato qualcosa e io: lo volete un bicchiere di vino? Conoscete la quiete dopo la tempesta? Ho risolto così semplicemente un caso che nemmeno con tre fiale di tranquillante… Scusate se vi ho scritto di me. Un’altra volta vi racconterò degli errori.

Nchiru 14/09/2012              Nicola Samà               nicsam50@libero.it

3 commenti:

Anonimo ha detto...

sei fantastico Nic!!!
Monia

Chiaraostetrica ha detto...

Spero davvero un giorno, di riuscire anche io a raccontare episodi come questi...sei un esempio da seguire!

monia ha detto...

ogni volta che leggo quello che stai facendo mi sento orgogliosa ed onorata di conoscere una persona come te!!!SEMPLICEMENTE UNA PERSONA CHE RAPPRESENTA A PIENO UN CUORE UMILE!!!
tvb Nic!!!!
Monia