La
vita all’interno della nursery è necessariamente diversa rispetto al dormitory
delle ragazze più grandi, quelle in età scolare (i pochi maschi dormono
nell’edificio della clinica). Le house-mothers hanno un bel da fare al mattino
presto per svegliare, lavare e vestire i piccoli, prima di somministrare loro
la terapia quotidiana e servire la colazione (alcuni sono da imboccare). Ci
sono da gestire capricci e pianti, talvolta pulire il vomito sul tavolo o per
terra. Espletate tutte queste faccende, i 12 piccolissimi restano con
l’house-mother in una stanza a giocare. Più tardi, se il tempo lo consente,
escono nel giardino. Dalla mia camera odo le voci canterine mattutine che si
diffondono su tutto il villaggio. Alle
otto arriva la maestra Priscilla Kainda Kirimbi, che prende in carico i 18+1
(Agnes, la bimba di 7 anni, con i problemi di salute) in età di scuola materna.
Per osservare e scrivere mi siedo in un angolo dell’androne, dove si svolge la
lezione. I bimbi, quasi tutti, fanno finta di non vedermi. La loro vivacità è ben controllata dai modi
pazienti e garbati di questa maestra, molto attenta e professionale. Verso le
dieci tutti nel giardino per la meritata ricreazione e per la merenda di metà
mattina. Poi, si riprende la lezione fino all’ora di pranzo. S’intuisce che la
preparazione di questi bambini risulterà fruttuosa all’ingresso nella Primary
School. E’ un privilegio che sicuramente hanno in confronto ai loro coetanei
che abitano nei dintorni, ma si spera che nel futuro questa migliore preparazione
si possa rivelare utile non solo a se stessi ma anche al Paese cui
appartengono. Non condividete che un adulto debba avere delle radici solide,
che si formano nell’infanzia?
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