Il “matatu” procedeva veloce sulla strada, come fanno
tutti questi mezzi qui in Kenya. Gli autobus di linea sono pochi,
necessariamente lenti, fanno soste lunghe, pertanto il traffico umano è a
carico degli innumerevoli pulmini Toyota, che sfrecciano lungo le strade di
questo Paese, per collegare i vari centri abitati. Sono sempre strapieni, i
passeggeri vengono stipati in tutti gli angoli del mezzo, si fermano per strada
appena vedono un possibile utente in attesa. E’ una specie di metropolitana di
superficie. Intendiamoci, niente da invidiare alla metro di Roma alle 8 di
mattina… Il controllo costante della Polizia, della cui presenza gli autisti si
avvisano a vicenda con il noto lampeggiare dei fari, serve a tutt’altro che a
far osservare le norme stradali, diciamo che viene utilizzato per uno scambio
di “saluti”. S’intende che anch’io ho viaggiato sul matatu, sono stato
rintronato da una radio assordante, stipato oltre ogni dire tra i sedili
inventati e sollecitato da un poliziotto ad allacciare la cintura… L’anno
scorso mi è capitato, in viaggio da solo col matatu verso Nairobi, di essere
fermato ben sei volte dalla Polizia e due volte ho assistito all’arresto del
mio autista, prontamente ammanettato, per le gomme lisce o, forse, perché è uno
di quelli che non amano “salutare”. Io rimanevo impassibile, ritenendo di
assistere a una sceneggiata. In qualche modo, dopo un po’ lo hanno rilasciato e
sono arrivato, comunque, a destinazione. Dunque, era il tardo pomeriggio di un
giorno di Settembre di un anno fa e il matatu, di cui sopra, correva veloce sulla
strada tra Meru e Chogoria. In una curva la macchina uscì fuori strada,
precipitò lungo un dirupo e finì nelle acque del fiume. I soccorritori
trovarono nove cadaveri. Unico superstite e illeso un bimbo di sei mesi. Tra i
morti, la madre. Il bimbo fu portato all’ospedale di Chogoria e curato. Essendo
risultato sieropositivo i medici e il nonno hanno chiesto l’affidamento al
nostro villaggio. Il bimbo è arrivato qua in buone condizioni e, quasi a
conferma della sua buona stella, dopo qualche tempo si è negativizzato. Si
chiama Moses questo delizioso bambino, non so se questo nome lo avesse già o
gli è stato dato dopo l’incidente. Comunque, come quello biblico più famoso,
anche lui è stato salvato dalle acque.
09/09/2011 |
Foto di Attilio Ulisse
Nchiru 19/09/2012 Nicola Samà nicsam50@libero.it
1 commento:
che bambino meraviglioso!e la sua storia ha davvero dell'incredibile!
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