“Senza soldi non se ne dicono
messe”. Era un detto del mio paese in Calabria, ma credo che sia diffuso
altrove. Le attività di questo villaggio, che si vanno estendendo dalla clinica
alla scuola e al pozzo d’acqua potabile, oltre alle ordinarie spese di sostentamento
e manutenzione, richiedono finanziamenti non indifferenti. Essendo l’iniziativa
italiana, sembrerebbe ovvio pensare che essi arrivino dalla nostra terra, ma
molti sanno quanto sono stati e sono fondamentali gli aiuti americani di Barbara
e March. Altri nomi di sostenitori si trovano sul sito internet dell’Aina. Ho affermato
più volte che è necessaria l’integrazione del nostro villaggio nel contesto
sociale africano e che, pertanto, gli aiuti occidentali non debbano prescindere
da essa. Questo significa, quindi, cercare di coinvolgere la società locale nel
sostegno di un’iniziativa che, pur avendo origine occidentale, è sorta per
creare qui un ambiente di cura e protezione per bambini sieropositivi orfani. In
Africa sono numerose le ONG e le Onlus che agiscono sul campo dell’AIDS. Certo,
non possiamo chiedere questo tipo di aiuto alla gente che vive nelle capanne
intorno a noi, da loro ci aspettiamo un corretto rapporto di vicinato e
conoscenza. Ma sappiamo bene che in questi Paesi africani esistono le banche e
tante altre istituzioni, più o meno commerciali, come da noi. Esiste pure qui,
insomma, la “beneficienza”. Ho descritto recentemente una visita gradita da
parte di un’associazione di avvocati di Nairobi. Sabato scorso è stata la volta
di una banca, DTB Bank, i cui operatori hanno fatto omaggio ai bambini di un
pomeriggio divertente, con la presenza di tre clown. Essi hanno dimostrato una
grande sensibilità per quest’iniziativa realizzata in favore di bimbi, figli di
questa terra, che abbiamo accolto in condizioni precarie sanitarie e familiari.
Hanno visitato con interesse gli edifici, hanno consegnato un bel po’ di doni,
hanno partecipato alla festa organizzata per loro. I tre simpatici clown hanno
coinvolto alcuni bambini nello show e tutti, poi, sulla “pista” per ballare. Mi
risulta che i bambini hanno quasi saltato la cena, preferendo andare a dormire
per la stanchezza. Un incontro gioioso che si spera proficuo per il futuro, ma
sicuramente interessante anche ora, perché l’Aina ha bisogno di farsi conoscere
e di estendere il campo dei possibili benefattori. Marek, d’altra parte, sta
portando avanti una sua iniziativa per coinvolgere il più possibile sostenitori
locali e non, con l’obiettivo di finanziare un’aula scolastica dedicata
all’indimenticata Fides. In altri articoli ho citato i donatori dello studio
dentistico, della scuola in costruzione e del pozzo in progetto. Tanti altri in
incognito contribuiscono al sostegno finanziario di queste opere, ci sono amici
miei che mi hanno affidato somme di denaro da destinare alle attività ritenute
più opportune. Concludo quest’aspetto “materialistico”, ricordando che quello
che mi preme personalmente è creare per questi bambini un ambiente il più
possibile salubre, al fine di poter affrontare meglio il vitale aspetto
educativo, costruttivo e integrativo di cui ho scritto in un recente articolo. Senza
soldi il villaggio non vive, ma senza un “progetto educativo - integrativo”
questi bambini che futuro avrebbero?
Foto di Attilio Ulisse
Nchiru 08/10/2012 Nicola Samà nicsam50@libero.it