Oggi
per la prima volta, qui, ho dato tre punti di sutura a una bimba con una ferita
in zona sopracciliare. Non avevo un campo sterile, un carrello attrezzato, i
ferri ben disinfettati anche se nuovi, un’infermiera prestante ed esperta di
Pronto Soccorso come ne ho avuto in passato, ma tutto si è svolto senza
particolare apprensione, con il prezioso aiuto di sister Alice. Ricordo che la
prima volta che ho suturato una ferita è stato nella valle seriana bergamasca,
alla mia prima esperienza come medico condotto, pure a un bambino. Il caso
strano, per me, fu che avevo imparato giusto il giorno prima, da un mio cugino
medico in Canada, a fare il nodo del filo di sutura con la pinza portaaghi.
Un’altra occasione particolare mi capitò in Calabria, circa due anni dopo, quando
facevo la Guardia Medica al mio paese. La postazione era temporaneamente
ubicata nella stanza del sindaco (sic!), ma mi prestai senza indugi a suturare
una ferita palpebrale a un bimbetto di due anni circa, undicesimo figlio di un
mio compagno di scuola elementare. Ho dato dei punti anche a mio figlio
bambino. Insomma, non ero un medico che inviava facilmente in ospedale… Una
volta, sempre alla Guardia Medica, si presentò un signore amareggiato e
preoccupato, perché non trovava un medico disposto a praticare un farmaco
particolare (endovena) al figlio emofilico. Tutti lo inviavano all’ospedale o
dallo specialista. Lo scaricavano, insomma. Sapete cosa ho fatto? L’ho
ascoltato, mi sono fatto spiegare il problema, ho letto tutte le istruzioni del
farmaco e ho eseguito. Risultato? Ho imparato una cosa che ancora non sapevo.
Gli elogi quella sera per me erano superflui. Da allora sono diventato il punto
di riferimento degli emofilici della zona. Un altro episodio da ricordare:
pochi anni fa un signore ricoverato per un problema cardiaco (aritmia) subito
risolto, interrogato da me su altri disturbi, fu sottoposto a un’indagine
sull’intestino, che rivelò la presenza di un cancro. Mi affrettai a completare
gli esami, gli consiglia di trovarsi un buon chirurgo, feci personalmente le
fotocopie (abusive) del caso e, nel consegnargliele mentre usciva, mi fa:
scusi, ma lei è italiano? Beh, sono calabrese, non so… Perché? Perché non ho
mai trovato un medico gentile come lei. Per sdrammatizzare ho risposto: qui
siamo tutti così! Arrivederci, auguri e mi tenga informato. Un’altra volta l’infermiera
mi chiamò d’urgenza, perché un paziente ricoverato era agitato e voleva andar
via. Mi sono recato al letto e, com’ero solito, l’ho osservato un po’ prima di
tentare un approccio. Non trovavo il motivo dell’agitazione. Mi venne un’idea.
Gli ho chiesto: c’è qualcosa che vi manca, a cui siete abituato a casa? Ha
farfugliato qualcosa e io: lo volete un bicchiere di vino? Conoscete la quiete
dopo la tempesta? Ho risolto così semplicemente un caso che nemmeno con tre
fiale di tranquillante… Scusate se vi ho scritto di me. Un’altra volta vi
racconterò degli errori.
Nchiru
14/09/2012 Nicola
Samà nicsam50@libero.it
3 commenti:
sei fantastico Nic!!!
Monia
Spero davvero un giorno, di riuscire anche io a raccontare episodi come questi...sei un esempio da seguire!
ogni volta che leggo quello che stai facendo mi sento orgogliosa ed onorata di conoscere una persona come te!!!SEMPLICEMENTE UNA PERSONA CHE RAPPRESENTA A PIENO UN CUORE UMILE!!!
tvb Nic!!!!
Monia
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