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giovedì 30 agosto 2012

Denti sani, sorriso garantito.


Oggi sono venuti i medici dell’ospedale di Chogoria per il controllo periodico mensile dei nostri bambini. Al termine della visita la nostra infermiera Cathrine mi ha riferito una loro raccomandazione da trasmettere ai volontari: “Non dare ai bambini dolci, cioccolate, caramelle, lecca-lecca, sweets in generale!” Sono d’accordo da sempre. Nei miei viaggi in Etiopia la nostra guida locale, persona molto seria, ci raccomandava continuamente di non dare caramelle o soldi in elemosina ai bambini. I guai che ci lasciate, diceva, li paghiamo noi. Perciò, per non limitare l’ammirevole anelito di generosità del volontario suggerisco un’alternativa: per ogni lecca-lecca o dolcetto regalato a un bimbo allegare almeno 100 euro per il dentista. Così ci guadagnano in tre.

Nchiru 30/08/2012          Nicola Samà          nicsam50@libero.it

Costruire una scuola (di vita).


 Il 22 di questo mese il costruttore keniota di origine indiana, mantenendo fede alle promesse, ha iniziato i lavori per la costruzione della nostra scuola (primary school). Un edificio o, meglio, tre a diversi livelli legati insieme, di otto aule. Uno pensa: lavorare ad Agosto? Figuriamoci. Invece no. In questo caso la lentezza africana non c’è. Sarà che lui è indiano di mentalità, sarà che in Ottobre comincia la stagione delle piogge e bisogna che almeno le fondamenta siano già fatte, al momento i lavori procedono alacremente. Il progetto di avere una propria scuola risale a diverso tempo fa, ma è divenuto più attuale quando la morte di Paolo, marito di una sostenitrice dell’associazione, ha convinto la stessa a donare un notevole finanziamento allo scopo. Già nei mesi scorsi la morte di Mena, una dentista di Roma, aveva convinto il marito a donare al villaggio le attrezzature per uno studio dentistico. Entrambe le strutture portano il loro nome. L’acquisto di un terreno adiacente al villaggio, che in un primo tempo sembrava difficoltoso a causa del prezzo esagerato che veniva richiesto, alla fine è stato agevole ed è stato effettuato in brevissimo tempo. Altrettanto sollecito è stato il costruttore a preparare il progetto e a indicare le date di realizzazione. Se tutto procede secondo le intenzioni, in Gennaio avremo la scuola completata. Nel frattempo bisognerà espletare tutte le pratiche per l’autorizzazione ministeriale e fare la selezione delle insegnanti (due già le abbiamo). La scuola, privata, sarà aperta anche agli esterni, a pagamento. Questo progetto di scuola privata ha due motivazioni: le condizioni strutturali fisiche (in confronto a quelle dell’edificio pubblico attualmente frequentato dai nostri) e la qualità dell’insegnamento (dagli orari alla preparazione e all’impegno delle insegnanti). Le intenzioni sono queste, si spera di riuscire a realizzarle. Considerazioni mie: sono convinto che la scuola primaria sia fondamentale nella formazione di una persona. In questo caso si tratta di ragazzi che hanno uno status che potrebbe creare dei problemi di relazione con gli altri. Qualcuno deve insegnare loro, anzi educarli al rispetto (parola di enorme significato) verso se stessi come verso gli altri. Essi si trovano anche in un’età particolare, la pubertà, che richiede grande attenzione e vigilanza. Non so se sarà prevista o possibile, ma la presenza di una psicologa nell’ambiente nostro potrebbe essere opportuna. Quest’Associazione ha fatto un’opera di grande prodigalità donando a questi bimbi e ragazzi un ambiente di vita confortevole, la garanzia di cure, un ambulatorio, ora una scuola. Un passo in avanti sarà prepararli all’inserimento nel mondo del lavoro ed educarli all’integrazione nel popolo cui appartengono. 
Questo è costruire una vita. 




Nchiru 18/09/2012           Nicola Samà           nicsam50@libero.it



Storia di Agnes. Un caso difficile.

Qualche mese fa venne al villaggio una donna per chiedere al nostro manager Marek se poteva accettare una bimba di sei anni. Per il criterio dell’età in quel momento la risposta fu negativa. Tra l’altro, la donna non si presentò con la sua vera identità professionale. Non successe altro per mesi. Nel Luglio scorso una donna anziana, in compagnia di una bimba, bussò al cancello chiedendo di parlare con il responsabile. Poiché Marek era fuori per impegni, il portiere le fece accomodare, anzi, visto che era ora di pranzo, le accompagnò nel refettorio. Nonna e bimba mangiarono al tavolo insieme con gli altri. Ricordo di averle notate, in particolare la bimba appariva in condizioni visibilmente precarie. Una house-mother mi disse che erano venute per parlare con Marek. Dopo il pranzo si sedettero in giardino all’ombra di un albero. Tutti le abbiamo notate lì. Marek tardava a venire. A un certo punto, le due donne sono scomparse; stanche dell’attesa o, probabilmente, ritenendo che fosse inutile, si erano avviate verso casa. Erano quasi già sulla strada asfaltata e sembravano dirigersi verso un’auto lì ferma. In quel momento rientrava Marek in macchina con una house-mother. Si convinsero, non si sa come, che quelle due provenissero dal nostro villaggio. Si avvicinarono all’auto in sosta per chiedere informazioni, ma fu negata ogni relazione con le due donne. Comunque, presero nonna e bimba in macchina e si diressero al nostro villaggio. La nonna raccontò in maniera alquanto approssimativa le peripezie per arrivare con mezzi di fortuna dalla sua dimora, molto lontana. Stentava a precisare come avesse saputo da così lontano dell’esistenza del villaggio che accoglieva i bimbi sieropositivi, orfani o in condizioni familiari precarie. Dagli scarsi documenti in suo possesso non si evinceva granché, i farmaci che mostrava indicavano la presenza di HIV e Tb. La bimba si chiama Agnes, quasi 7 anni, orfana di entrambi i genitori, ha due fratelli, ma è rifiutata o trascurata da altri familiari tranne che dalla nonna, cui è molto legata; uno scheletrino, con l’addome gonfio come nella malnutrizione e con un’enorme escrescenza sul labbro superiore (evidente Herpes labiale non curato). Le condizioni erano di un’evidenza così grave che non ci fu alcun dubbio che bisognava accogliere la bimba. Ormai era tardi, la nonna non era in grado di tornarsene a casa senza mezzi, le fu dato un letto per la notte. Il giorno dopo Marek, l’house-mother e la nonna partirono in direzione di Matiri – Tharaca. Ho già descritto in precedenza questi luoghi, dove abita la nonna di Agnes e dove c’è il centro della Comunità di S. Egidio – Dream. Risultava che la bimba, per le condizioni precarie dell’ambiente in cui viveva, non seguiva correttamente la terapia. Il Personale Dream non sapeva più come aiutare questa nonna con la bimba. Era successo che un’infermiera del Centro aveva saputo dell’esistenza del nostro villaggio e qualche mese fa da sola e senza presentarsi era venuta a chiedere accoglienza per Agnes. La stessa infermiera il mese scorso aveva accompagnato nonna e bimba in macchina, lasciandole per strada, in modo che arrivassero al villaggio a piedi in maniera apparentemente avventurosa. La macchina era rimasta sulla strada in attesa della nonna, che sarebbe tornata dopo aver consegnato, eventualmente, la bimba. In quel momento era arrivato Marek, se fosse tornato dieci minuti più tardi Agnes, probabilmente, non sarebbe qui con noi. E’ una storia che ha del misterioso. Agnes dopo due giorni fu ricoverata al nostro ospedale di riferimento di Chogoria per farla riprendere un po’ da quella situazione disastrosa. Il giorno dopo l’uscita dall’ospedale, per coincidenza, si sono presentati al villaggio tre signori, dichiarandosi operatori della Comunità di S. Egidio – Dream: una donna italiana (medico, insegna all’università di Tor Vergata a Roma), un tedesco (farmacista), una donna di colore (l’infermiera Margaret, autrice di tutta l’operazione “Agnes”, quella che, così premurosa, ha accompagnato me e sister Alice nel tour di Matiri – Tharaca). Si è creata subito tra noi un’intesa progettuale: loro hanno bisogno di un centro di riferimento come il nostro, noi abbiamo necessità, per il futuro nell’ambulatorio che stiamo avviando, di un’equipe di operatori per il controllo dei nostri bimbi e, se possibile, della popolazione intorno. Il viaggio a Matiri, che ho descritto giorni fa, è scaturito da questo incontro e da altri successivi con operatori del Centro Dream. Agnes ancora non riesce a integrarsi né con gli altri bimbi né con tutto il Personale, pur non rifiutando il cibo o la terapia, appare depressa, è sempre appartata, quando mi avvicino mi porge la mano e mi guarda, a volte accetta di fare due passi insieme.  Non sappiamo come evolverà la situazione. Il caso è difficile. Non so se esistono gli angeli, però quel giorno Marek è rientrato al villaggio al momento giusto. 





Foto dell’abitazione della nonna di Agnes

Nchiru 30/08/2012            Nicola Samà            nicsam50@libero.it