Agnes,
durante la notte scorsa, esaurite le sue poche residue energie, ha riconsegnato
la propria vita andando a raggiungere quella mamma che sette anni fa gliene
aveva fatto infausto dono. A sostenerla negli ultimi momenti c’era la nonna,
intervenuta dopo l’assistenza della zia, quasi fosse l’ultimo saluto familiare
che il destino le aveva riservato. Ancora una settimana di sofferenza in
ospedale, nel tentativo di risolvere l’ennesima complicanza della sua
refrattaria sieropositività. Quattro mesi è durata la sua permanenza nel
villaggio, con scarsissimi segnali di miglioramento, manifestati dopo il
precedente ricovero circa un mese fa. Aveva un aspetto più sereno, cominciava a
socializzare, mangiava con appetito. Ricordo che rispondeva al mio saluto,
porgendomi la mano con uno sguardo di gratitudine. L’avevamo vista perfino
ballare con le altre in occasione della festa per la visita dei dipendenti
della DTB Bank. Dal punto di vista medico si capiva da tempo che lo stato di
malattia era avviato verso l’AIDS conclamata, nonostante i tentativi di
modificare la terapia. Sapete che non sono presente in questo periodo nel
villaggio, pertanto la mia testimonianza è indiretta. Tuttavia, ritengo che questo
sia per ognuno di noi il momento più opportuno di riflessione circa lo stato
psicologico di questi bambini, che si ritrovano per la seconda volta a
elaborare il dolore per la perdita di una di loro. Avranno bisogno, oltre che
dell’aiuto a sopportare e superare la sofferenza, di sapere perché un evento
come la morte avviene in un ambiente protetto, in cui si ritrovano a vivere
tutti con le stesse motivazioni. Il rosario bianco tornerà nelle loro mani
davanti alla foto di Agnes, cui non mancherà il ricordo e l’affetto di tutta la
comunità, ma non neghiamo loro le risposte opportune a una domanda che, forse,
non osano porci.
Italia
06/11/2012 Nicola
Samà nicsam50@libero.it