E’
straordinario che ai tempi d’oggi, con tutta la tecnologia così invadente, si
debba gioire per un allaccio della corrente elettrica. Eppure, in Africa è così.
Dopo mesi di lavoro e tentativi vani di contatto con l’Ente fornitore ecco,
abbiamo la luce! Eravamo abituati al rumore del generatore al mattino presto e
alla sera all’ora di cena, la corsa a mettere in carica i cellulari o il pc, per
collegarsi con email o in video con l’Italia. Si andava, così, a letto presto,
magari leggendo un libro con la lampada a batteria solare, dopo aver ammirato
per qualche minuto il cielo stellato equatoriale. Ora si cambia. Nessun
condizionamento, funzionano i frigoriferi, gli elettrodomestici da cucina, le lavatrici,
i rasoi elettrici, il phon al momento che vuoi… Si può avviare l’attività
ambulatoriale, dove può funzionare il microscopio e la centrifuga e qualsiasi
altro apparecchio. Cosa richiede ancora quest’avvento della luce? L’educazione
dei bambini, oltre che di tutto il personale, all’uso corretto e controllato
dell’interruttore. Così sarà pure quando avremo l’acqua potabile dal pozzo che
è in progetto. Insomma, una luce che
illumina le menti di noi, che viviamo in questo villaggio sperduto (ma non tanto)
dell’Africa, ma anche di voi lettori, capaci di capire a fondo e apprezzare e
vivere il benessere occidentale con maggiore sobrietà. Magari, se risparmiate
un po’ di luce, vi restano degli spiccioli da regalare a questi bambini, che
hanno avuto in dono finora il virus HIV dalla madre e un po’ di solidarietà da
noi e da chi con generosità ci sostiene (www.aina-onlus.it).
Nchiru
08/08/2012 Nicola Samà
nicsam50@libero.it
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