Qualche mese fa venne al villaggio
una donna per chiedere al nostro manager Marek se poteva accettare una bimba di
sei anni. Per il criterio dell’età in quel momento la risposta fu negativa. Tra
l’altro, la donna non si presentò con la sua vera identità professionale. Non
successe altro per mesi. Nel Luglio scorso una donna anziana, in compagnia di
una bimba, bussò al cancello chiedendo di parlare con il responsabile. Poiché
Marek era fuori per impegni, il portiere le fece accomodare, anzi, visto che
era ora di pranzo, le accompagnò nel refettorio. Nonna e bimba mangiarono al
tavolo insieme con gli altri. Ricordo di averle notate, in particolare la bimba
appariva in condizioni visibilmente precarie. Una house-mother mi disse che
erano venute per parlare con Marek. Dopo il pranzo si sedettero in giardino
all’ombra di un albero. Tutti le abbiamo notate lì. Marek tardava a venire. A
un certo punto, le due donne sono scomparse; stanche dell’attesa o,
probabilmente, ritenendo che fosse inutile, si erano avviate verso casa. Erano
quasi già sulla strada asfaltata e sembravano dirigersi verso un’auto lì ferma.
In quel momento rientrava Marek in macchina con una house-mother. Si
convinsero, non si sa come, che quelle due provenissero dal nostro villaggio.
Si avvicinarono all’auto in sosta per chiedere informazioni, ma fu negata ogni
relazione con le due donne. Comunque, presero nonna e bimba in macchina e si
diressero al nostro villaggio. La nonna raccontò in maniera alquanto approssimativa
le peripezie per arrivare con mezzi di fortuna dalla sua dimora, molto lontana.
Stentava a precisare come avesse saputo da così lontano dell’esistenza del
villaggio che accoglieva i bimbi sieropositivi, orfani o in condizioni
familiari precarie. Dagli scarsi documenti in suo possesso non si evinceva
granché, i farmaci che mostrava indicavano la presenza di HIV e Tb. La bimba si
chiama Agnes, quasi 7 anni, orfana di entrambi i genitori, ha due fratelli, ma è
rifiutata o trascurata da altri familiari tranne che dalla nonna, cui è molto
legata; uno scheletrino, con l’addome gonfio come nella malnutrizione e con un’enorme
escrescenza sul labbro superiore (evidente Herpes labiale non curato). Le
condizioni erano di un’evidenza così grave che non ci fu alcun dubbio che
bisognava accogliere la bimba. Ormai era tardi, la nonna non era in grado di
tornarsene a casa senza mezzi, le fu dato un letto per la notte. Il giorno dopo
Marek, l’house-mother e la nonna partirono in direzione di Matiri – Tharaca. Ho
già descritto in precedenza questi luoghi, dove abita la nonna di Agnes e dove
c’è il centro della Comunità di S. Egidio – Dream. Risultava che la bimba, per
le condizioni precarie dell’ambiente in cui viveva, non seguiva correttamente
la terapia. Il Personale Dream non sapeva più come aiutare questa nonna con la
bimba. Era successo che un’infermiera del Centro aveva saputo dell’esistenza
del nostro villaggio e qualche mese fa da sola e senza presentarsi era venuta a
chiedere accoglienza per Agnes. La stessa infermiera il mese scorso aveva
accompagnato nonna e bimba in macchina, lasciandole per strada, in modo che
arrivassero al villaggio a piedi in maniera apparentemente avventurosa. La
macchina era rimasta sulla strada in attesa della nonna, che sarebbe tornata
dopo aver consegnato, eventualmente, la bimba. In quel momento era arrivato
Marek, se fosse tornato dieci minuti più tardi Agnes, probabilmente, non
sarebbe qui con noi. E’ una storia che ha del misterioso. Agnes dopo due giorni
fu ricoverata al nostro ospedale di riferimento di Chogoria per farla
riprendere un po’ da quella situazione disastrosa. Il giorno dopo l’uscita
dall’ospedale, per coincidenza, si sono presentati al villaggio tre signori,
dichiarandosi operatori della Comunità di S. Egidio – Dream: una donna italiana
(medico, insegna all’università di Tor Vergata a Roma), un tedesco
(farmacista), una donna di colore (l’infermiera Margaret, autrice di tutta
l’operazione “Agnes”, quella che, così premurosa, ha accompagnato me e sister
Alice nel tour di Matiri – Tharaca). Si è creata subito tra noi un’intesa
progettuale: loro hanno bisogno di un centro di riferimento come il nostro, noi
abbiamo necessità, per il futuro nell’ambulatorio che stiamo avviando, di
un’equipe di operatori per il controllo dei nostri bimbi e, se possibile, della
popolazione intorno. Il viaggio a Matiri, che ho descritto giorni fa, è
scaturito da questo incontro e da altri successivi con operatori del Centro
Dream. Agnes ancora non riesce a integrarsi né con gli altri bimbi né con tutto
il Personale, pur non rifiutando il cibo o la terapia, appare depressa, è
sempre appartata, quando mi avvicino mi porge la mano e mi guarda, a volte
accetta di fare due passi insieme. Non
sappiamo come evolverà la situazione. Il caso è difficile. Non so se esistono
gli angeli, però quel giorno Marek è rientrato al villaggio al momento giusto.
Foto dell’abitazione della nonna di Agnes
Nchiru 30/08/2012 Nicola Samà nicsam50@libero.it
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