Aveva 17 anni, non viveva nel
nostro villaggio, perché frequentava la scuola secondaria, però era uno dei
nostri e nei periodi di vacanza veniva a stare con noi. L’avevo conosciuto nel
Luglio scorso, quando si era assentato dalla scuola a causa del morbillo e si
era rifugiato in isolamento in una camera della nursery. Ricordo che fui
chiamato per visitarlo e controllarlo e mi accorsi che praticamente rifiutava
il cibo, almeno quello che gli veniva somministrato dall’house-mother. Con il
mio scarso inglese e l’ausilio di qualcuno gli proponemmo, come alternativa,
yogurt, biscotti e frutta, che accettò volentieri. Questi semplici gesti
d’interessamento servirono a creare un po’ di confidenza, per cui quando
cominciò a uscire dalla malattia veniva a salutarmi, mostrando un’espressione
di gratitudine e di gioia contenuta. Era un ragazzo visibilmente chiuso,
riservato, forse timido o un po’ depresso. Leggeva e ascoltava musica. Si
diceva in quei giorni che, per il suo carattere, aveva difficoltà a scuola a
relazionarsi con i compagni. Si diceva che lo prendevano un po’ in giro perché
appariva effeminato. In effetti, era un bel ragazzo, ma a quell’età tanti sono
bei ragazzi. Doveva esserci qualche altro motivo. Un segreto? Sì, un segreto,
tenuto ben nascosto. Venne fuori che, in effetti, qualcosa del suo
comportamento era inusuale: portava indosso sempre una giacca ben stretta,
nonostante il caldo. Non so come, la sua house-mother Jadline e l’infermiera sister
Alice, che lo conosceva da anni, furono le prime a venire a conoscenza del suo
segreto: aveva il seno come una donna. Incoraggiato, fece leggere in quei
giorni alla nostra presidente alcuni suoi scritti, forse un diario, in cui
manifestava la sua grande sensibilità e, di conseguenza, la sua sofferenza. Era
evidente che si trascinava questo “incomodo” da qualche anno e nessuno, pare,
lo sapesse, nemmeno i familiari (era anche orfano). In Settembre, all’arrivo del
Dr. Luciano, decidemmo di visitare il ragazzo. L’evidenza e la consistenza
della ginecomastia, determinata, purtroppo, come effetto collaterale, dalla
terapia antiretrovirale, ci indusse a pensare di programmare un intervento
chirurgico. Si sapeva che il ragazzo era da tempo seguito da un centro HIV (non
dal nostro di Chogoria), ma non era sicuro che avesse seguito correttamente la
terapia; comunque, a nessuno risultava che il ragazzo avesse questo problema,
legato ai farmaci. Così, nell’attesa di organizzare l’intervento chirurgico, si
pensò che conveniva, comunque, modificare la terapia. Passò un po’ di tempo,
poi questa modifica fu praticata, ma fu deleteria per un probabile effetto
collaterale ben più grave o chissà per che altro. Il ragazzo ebbe di lì a poco
delle reazioni violente del suo corpo, dalla cute all’apparato gastroenterico e
agli altri organi, che lo ridussero in fin di vita. Nell’imminenza del Natale,
assistito costantemente dagli amici, lasciò rapidamente questa terra e tutti
nello sconforto e nell’incredulità più grande. Le sue ultime parole erano di
speranza…
Nchiru 09/02/2013 Nicola Samà nicsam50@libero.it
4 commenti:
Nicola,tu sei con loro per aiutarli..ma non puoi salvarli tutti!pensa a quanto sei riuscito a fare per Munene,il suo sguardo di gratitudine..la sua speranza...PRIMA NON CREDO CONOSCESSE LA SPERANZA..!
Oltre a curare la malattia puoi curare il loro cuore,inteso come animo e sentimento..COSA CHE SAI FARE BENE E CHE E' MIGLIORE DI QUALSIASI MEDICINA!..Ma cura anche te stesso,non farti fermare dal dolore della perdita,non è un fallimento,tu hai vinto il sorriso di quel ragazzo :-)
Monia
Ciao Nic,
leggo questo tuo racconto che mi catapulta nuovamente (avevo letto tutti i racconti del blog prima di Natale) nella realtà del villaggio Anina. Il povero Munene faceva parte del mio immaginario (avevamo parlato della ginecomastia), così come ne fa parte il piccolo e fortunato Mose'.
Mi dispiace.
Claudia
Ciao Nicola, certo che e' sempre molto triste la scomparsa anche di uno qualsiasi,poi trattandosi di uno giovane ancora di piu'tu pero' Nicola stai facendo grandi cose. Trovarne tante persone come te.Un caro saluto Giovanni
ho letto il tuo blog sul ragazzo introverso e sensibile e sofferente...
è molto commovente. c'è la sua storia, c'è quella di chi cerca di aiutarlo e anche quella della medicina, tutte riflettono la struttura imperfetta ma anche una grande energia e speranza che si muove e spera nel meglio. A volte è così... non ci riesce sempre bene, nonostante le buone intenzioni.
Rosy
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