Il vocabolario Treccani definisce
l’asino e il bue animali “pazienti”. La parola deriva dal latino pati, che significa “soffrire,
sopportare”. Sinonimi sono “tollerante, docile” e, per estensione, “accurato,
diligente”; come sostantivo significa “malato, colui che soffre”, ma questa è
un’altra storia. Gli asinelli in Kenya portano (sopportano) sulle loro spalle
tutti questi significati. Per quello che mi viene in mente, l’unica cosa
insopportabile e inspiegabile che ho visto finora in questo Paese sono i colpi
di verga che questi animali subiscono costantemente e con violenza quando sono
al traino di carretti, siano essi pieni o vuoti. Si vede benissimo che essi
stanno facendo in pieno il loro dovere, eppure non fanno una piega quando subiscono
i colpi sulla schiena. Verrebbe la voglia di scendere dalla macchina e prendere
le difese del simpatico animale, ma è più probabile che prenderemmo pure noi la
nostra dose di botte. Sono convinto che il mulo, pur avendo altrove lo stesso
ruolo dell’asino, non ha lo stesso trattamento. Sarà per la sua parentela con
il cavallo, animale più regale e rispettabile. La storia dell’asino non è
attinente con la vita del villaggio dei bambini, ma è un modo per riprendere a
scrivere qualcosa dell’esperienza che sto vivendo in Africa. Come in Italia,
anche qui siamo in piena campagna elettorale per l’elezione del presidente e
governatori vari, ci sono pure donne candidate, sembra con un meccanismo
diverso dal nostro. Dicono che subito dopo le elezioni del 4 Marzo si prevedono
dei sommovimenti e quindi ci dovremo preparare con scorte di viveri e tessere
telefoniche. La notevole distanza dalla capitale non ci assicura l’esenzione
dal rischio. In questo periodo, andando per le strade per sbrigare faccende,
capita di incontrare camion strapieni di uomini, con magliette uniformi, che
inneggiano a qualcuno. Probabilmente, nel post-elezioni, gli stessi mezzi
serviranno a sostenere la “guerriglia”. Ma queste sono, forse, mie fantasie. Il
mio ritorno al villaggio ha riscontrato alcune novità: l’apertura della scuola,
che ha visto i bambini partecipare attivamente e festosamente al trasporto dei
banchi nelle aule. Padre Francis è stato invitato per l’occasione a celebrare
la messa davanti alla scuola, con l’aspersione dell’acqua benedetta in ogni
aula e perfino nelle toilets. Del discorso d’inaugurazione, anzi d’apertura, non
saprei riferirvi, ma si può immaginare. Insomma, un giorno di festa che ha coinvolto
i bambini, gli insegnanti, le house-mothers, qualche esterno e i volontari
presenti. Consiglio, al proposito, di rileggere il blog “Costruire una scuola
(di vita)”. Un altro piacevole riscontro è stato vedere le fontanelle lungo la
strada assolutamente integre. Mi sembra evidente che il coinvolgimento
preventivo della comunità intorno è stato determinante. Infine, la reazione dei
bambini alla morte di Munene. Scontata la partecipazione sofferta, mista a
stupore, per il terzo evento luttuoso che ha colpito il loro ambiente. Le più
grandi hanno manifestato preoccupazione per il proprio futuro, soprattutto in
considerazione dell’aggravamento inatteso e rapido dello stato di salute di
Munene. C’è stato e continua il supporto psicologico al riguardo, ma l’impegno
di tutta la comunità dovrà mirare alla sorveglianza e al sostegno di ogni
bisogno recondito, che può essere riposto nell’animo sensibile di queste
ragazze. Un saluto finale a Moses (il bimbo salvato dalle acque) che,
inizialmente con un po’ di tristezza dei compagni, ma in fondo con grande gioia
di tutti, è rientrato in famiglia, visto che nel frattempo era diventato
sieronegativo. Auguri!
Nchiru 22/02/2013 Nicola Samà
nicsam50@libero.it
1 commento:
In bocca al lupo per la nuova scuola!
Claudia
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