Translate

venerdì 22 febbraio 2013

L'asino keniota


Il vocabolario Treccani definisce l’asino e il bue animali “pazienti”. La parola deriva dal latino pati, che significa “soffrire, sopportare”. Sinonimi sono “tollerante, docile” e, per estensione, “accurato, diligente”; come sostantivo significa “malato, colui che soffre”, ma questa è un’altra storia. Gli asinelli in Kenya portano (sopportano) sulle loro spalle tutti questi significati. Per quello che mi viene in mente, l’unica cosa insopportabile e inspiegabile che ho visto finora in questo Paese sono i colpi di verga che questi animali subiscono costantemente e con violenza quando sono al traino di carretti, siano essi pieni o vuoti. Si vede benissimo che essi stanno facendo in pieno il loro dovere, eppure non fanno una piega quando subiscono i colpi sulla schiena. Verrebbe la voglia di scendere dalla macchina e prendere le difese del simpatico animale, ma è più probabile che prenderemmo pure noi la nostra dose di botte. Sono convinto che il mulo, pur avendo altrove lo stesso ruolo dell’asino, non ha lo stesso trattamento. Sarà per la sua parentela con il cavallo, animale più regale e rispettabile. La storia dell’asino non è attinente con la vita del villaggio dei bambini, ma è un modo per riprendere a scrivere qualcosa dell’esperienza che sto vivendo in Africa. Come in Italia, anche qui siamo in piena campagna elettorale per l’elezione del presidente e governatori vari, ci sono pure donne candidate, sembra con un meccanismo diverso dal nostro. Dicono che subito dopo le elezioni del 4 Marzo si prevedono dei sommovimenti e quindi ci dovremo preparare con scorte di viveri e tessere telefoniche. La notevole distanza dalla capitale non ci assicura l’esenzione dal rischio. In questo periodo, andando per le strade per sbrigare faccende, capita di incontrare camion strapieni di uomini, con magliette uniformi, che inneggiano a qualcuno. Probabilmente, nel post-elezioni, gli stessi mezzi serviranno a sostenere la “guerriglia”. Ma queste sono, forse, mie fantasie. Il mio ritorno al villaggio ha riscontrato alcune novità: l’apertura della scuola, che ha visto i bambini partecipare attivamente e festosamente al trasporto dei banchi nelle aule. Padre Francis è stato invitato per l’occasione a celebrare la messa davanti alla scuola, con l’aspersione dell’acqua benedetta in ogni aula e perfino nelle toilets. Del discorso d’inaugurazione, anzi d’apertura, non saprei riferirvi, ma si può immaginare. Insomma, un giorno di festa che ha coinvolto i bambini, gli insegnanti, le house-mothers, qualche esterno e i volontari presenti. Consiglio, al proposito, di rileggere il blog “Costruire una scuola (di vita)”. Un altro piacevole riscontro è stato vedere le fontanelle lungo la strada assolutamente integre. Mi sembra evidente che il coinvolgimento preventivo della comunità intorno è stato determinante. Infine, la reazione dei bambini alla morte di Munene. Scontata la partecipazione sofferta, mista a stupore, per il terzo evento luttuoso che ha colpito il loro ambiente. Le più grandi hanno manifestato preoccupazione per il proprio futuro, soprattutto in considerazione dell’aggravamento inatteso e rapido dello stato di salute di Munene. C’è stato e continua il supporto psicologico al riguardo, ma l’impegno di tutta la comunità dovrà mirare alla sorveglianza e al sostegno di ogni bisogno recondito, che può essere riposto nell’animo sensibile di queste ragazze. Un saluto finale a Moses (il bimbo salvato dalle acque) che, inizialmente con un po’ di tristezza dei compagni, ma in fondo con grande gioia di tutti, è rientrato in famiglia, visto che nel frattempo era diventato sieronegativo. Auguri!


Nchiru 22/02/2013               Nicola Samà               nicsam50@libero.it

1 commento:

Claudia ha detto...

In bocca al lupo per la nuova scuola!
Claudia