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martedì 6 novembre 2012

Piangere per Agnes



 
Agnes, durante la notte scorsa, esaurite le sue poche residue energie, ha riconsegnato la propria vita andando a raggiungere quella mamma che sette anni fa gliene aveva fatto infausto dono. A sostenerla negli ultimi momenti c’era la nonna, intervenuta dopo l’assistenza della zia, quasi fosse l’ultimo saluto familiare che il destino le aveva riservato. Ancora una settimana di sofferenza in ospedale, nel tentativo di risolvere l’ennesima complicanza della sua refrattaria sieropositività. Quattro mesi è durata la sua permanenza nel villaggio, con scarsissimi segnali di miglioramento, manifestati dopo il precedente ricovero circa un mese fa. Aveva un aspetto più sereno, cominciava a socializzare, mangiava con appetito. Ricordo che rispondeva al mio saluto, porgendomi la mano con uno sguardo di gratitudine. L’avevamo vista perfino ballare con le altre in occasione della festa per la visita dei dipendenti della DTB Bank. Dal punto di vista medico si capiva da tempo che lo stato di malattia era avviato verso l’AIDS conclamata, nonostante i tentativi di modificare la terapia. Sapete che non sono presente in questo periodo nel villaggio, pertanto la mia testimonianza è indiretta. Tuttavia, ritengo che questo sia per ognuno di noi il momento più opportuno di riflessione circa lo stato psicologico di questi bambini, che si ritrovano per la seconda volta a elaborare il dolore per la perdita di una di loro. Avranno bisogno, oltre che dell’aiuto a sopportare e superare la sofferenza, di sapere perché un evento come la morte avviene in un ambiente protetto, in cui si ritrovano a vivere tutti con le stesse motivazioni. Il rosario bianco tornerà nelle loro mani davanti alla foto di Agnes, cui non mancherà il ricordo e l’affetto di tutta la comunità, ma non neghiamo loro le risposte opportune a una domanda che, forse, non osano porci.

Italia 06/11/2012                 Nicola Samà             nicsam50@libero.it

3 commenti:

Silvia Puliti ha detto...


Salve. Sono una farmacista e come te divido le tante cose ed un'enorme sconfinata passione per l'Africa. Provengo da una esperienza simile in un "Villaggio" per bimbi affetti da HIV in Tanzania.
Mi preparo a raggiungervi. Spero di incontrarvi presto tutti quanti
Silvia

francesca ha detto...

storie come queste lasciano sempre sgomenti...queste piccole creature indifese, colpite da mali così grandi riescono a trasmetterci sempre tanta forza, la forza di andare avanti nonostante tutto... una forza che a noi adulti spesso manca, forse persa x strada...loro, i piccoli indifesi, ci insegnano sempre molto...
ciao agnes,
francesca

elisabettadom ha detto...

Ciao Nic,
torno a scrivere sul tuo blog e lo considero un piccolo spazio privato dedicato ai miei sentimenti.
il post che ho appena letto è pieno di sentimenti contrastanti, ma tal è l'animo umano: dubbi, certezze, desideri...
A parte il concetto di "ritorno a casa", seppur seguito dal punto di domanda, che in realtà hai solo accennato, ho trovato poi tutti i dubbi ed i desideri di un uomo che vive tra gli uomini e che cerca con il suo apporto di vivere la sua vita anche "con" e "per" gli altri. Ritengo che i dubbi siano sempre positivi quando ci spingono a migliorare le nostre azioni, il nostro fare, ma non devono però schiacciarci e paralizzarci davanti all'immensità del creato.
Da architetto deformato quale sono, ti porgo il mio modo di vedere e valutare le cose, sperando possa essere d'aiuto a sentire la positività della nostra esistenza: se io progetto una casa e cerco di indiduarla sulla pianta di una città, metti Roma, mi sarà difficle anche soltanto individuarla. Se la cerco nella mappa del quartiere, allora la vedo.
Se poi vado a guardare la pianta del palazzo, allora la riconosco, la apprezzo forse...
Ma il vero passaggio lo faccio quando in quella casa ci entro e guardo in faccia le persone che ci vivono: se sono a loro agio e vivono bene, capisco di aver fatto un buon lavoro.
Quello che voglio dire è questo: probabilmente il continente africano non sa chi sei, o perlomeno non ancora, ma nel "tuo" villaggio la bimba che ti tende la mano ha bisogno di te.
La certezza della bontà della tua opera va cercata lì, più bimbi sorrideranno al tuo passaggio, più saprai di aver fatto bene.
E ricorda che il vero cambiamento del mondo comincia dal lavoro che ognuno fa su stesso...
Un abbraccio,
Elisa